Contro la crisi
il modello vincente
delle cooperative
La cooperazione come strumento di rilancio. Di questo s’è parlato, ieri sera, al centro S. Luigi. Quattro storie, quattro esempi di aziende in fallimento, poi riprese da ex dipendenti e trasformate in cooperative. Ma anche quattro racconti di battaglie vinte, di chi la crisi l’ha combattuta, e ne sta uscendo a testa alta. Relatori della serata: Andrea Tolomini, direttore Confcooperative di Cremona, Massimiliano Calonghi, presidente della cooperativa GME di Castelleone, e Sergio Morelli, ex vicepresidente di Banca Etica.
Doverosa una premessa, esordisce Tolomni: “se c’è qualche azienda che ce la fa, esistono comunque esempi meritevoli che non ce la fanno”. Sicuramente, il primo esempio fornito da Tolometti non rientra nella seconda categoria. È il caso di tre ragazzi, ingegneri informatici, tutti e tre impiegati precari presso la pubblica amministrazione. La svolta è arrivata quando decisero di cooperare, reinventandosi la propria posizione. “Hanno ripreso la loro attività – commenta Tolomini – organizzandosi non più in modo singolo, trovando occasioni di ulteriore sviluppo delle proprie professionalità”. Ora la cooperativa conta sei soci, dai tre che erano all’inizio, e riceve commissioni dall’interna Provincia. La seconda testimonianza è quella della Cooperativa Zenobia. Composta da sei trentenni, ognuno con la propria professionalità – e titoli universitari non inferiori al primo livello – hanno costituito un’attività cooperativa di consulenza e formazione per l’innovazione sociale. Oggi sono in otto, e “solo organizzandosi in modo diverso dall’esperienza precedente sono riusciti a traguardare obiettivi importanti”, spiega ancora Tolomini. Il terzo esempio concerne una piccola azienda artigiana. La crisi ne ampliò i problemi, fino ad indirizzarla sulla via della chiusura. Ed è stato proprio in quel frangente che una minoranza – tre membri su otto – decise la svolta. Recuperarono le proprie risorse, inventandosi imprenditori e subentrando all’azienda fallita. La cooperativa nacque nel 2013, e i tre neoimprenditori riuscirono a riavvicinare due ex colleghi, e trasformare un fallimento in un’opportunità di rilancio. Il quarto esempio è forse il più clamoroso. Si tratta della cooperativa IRIS, di Piadena. Nata nel ’76, da un gruppo di quattro ragazzi, mosse i suoi primi passi nella coltivazione biologica con l’acquisto di quattro ettari di terreno. Ad oggi gli ettari ammontano a 40. Non solo. L’azienda commissionava la trasformazione del frumento al Pastificio Nosari – non certo uno dei più sconosciuti, in terra cremonese. Dopo la chiusura di quest’ultimo, la cooperativa ha rilevato l’attività, riassumendone l’interno organico. Erano quattro ragazzi, ora sono 10 soci. Partendo dall’acquisizione di un’industria fallita, hanno creato un’azienda fondata sul biologico, facendo registrare un’espansione continua.
A queste quattro aziende se ne aggiunge una quinta: la GME di Castelleone. Nasce nel 2009, per volontà di alcuni ex dipendenti di una società in fallimento. L’idea era quella di mantenere la continuità con l’esperienza acquisita in precedenza, reinvestendo nelle proprie professionalità. I veri propulsori di quest’operazione, spiega il presidente Massimiliano Calonghi, sono stati “la paura di aver perso il lavoro, l’incoscienza del momento e la voglia di intraprendere un’altra avventura”. Propulsori naturali, che hanno portato il fatturato da 900mila euro del primo anno d’attività, al milione e mezzo dell’anno appena trascorso.
“Queste sono cose che aprono il cuore”, commenta Sergio Morelli, “un modo nuovo di guardare al lavoro e alla cooperazione”.
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