Cronaca

Assalto alla sala slot
Solo una simulazione
orchestrata dai titolari
Cinesi denunciati

Uno dei finti rapinatori ripreso dalle telecamere

La modalità troppo cruenta, una telefonata di troppo, un finto calcio alla titolare e soprattutto gli occhi a mandorla del rapinatore che aveva disattivato le telecamere di sicurezza, oltre alla camminata del marito della titolare 25enne tenuta in ostaggio. Una camminata troppo simile a quella di uno dei malviventi. Questi gli elementi che hanno portato gli agenti del commissariato di Crema sulla pista della rapina simulata. Il motivo? Gli incassi inferiori alle aspettativi e i troppi debiti a cui fare fronte.
Così la 25enne insieme al marito e a due complici ancora di identificare, ha pensato bene di simulare, nella notte tra lunedì e martedì, la rapina in modo da non dover pagare ai proprietari dello Slot Village di via Mazzini, che la donna gestisce da poche settimane, parte dell’affitto pattuito. Oltre a non dover far fronte ad altri debiti che la polizia sta cercando di ricostruire.

Il "calcio" sferrato alla titolare

Ma la messinscena non è durata molto, perché grazie agli elementi raccolti, gli uomini del commissariato diretto dal vicequestore Daniel Segre, in meno di una settimana hanno ricostruito i fatti. “Un primo elemento che ha destato sospetti è stata la mossa della titolare che prima di uscire si è soffermata e ha effettuato inviato degli sms, per avvisare i complici che era il momento di agire. A questo si sono aggiunte le modalità: troppo cruente e soprattutto un sequestro di persona troppo lungo per un bottino modesto – dalle 5 alle 12mila euro in fase di quantificazione -. Di solito le rapine ai videopoker si esauriscono in pochi minuti”, ha spiegato il vicequestore. A questi elementi si sono aggiunte le movenze e la conformazione fisica dei rapinatori e gli occhi a mandorla immortalati dalle telecamere di videosorveglianza.
A confermare i sospetti la stessa titolare che torchiata ha ceduto e sabato mattina si è presentata in commissariato accompagnata da un avvocato e ha reso una piena confessione. All’appello manca ancora l’incasso sottratto dalle macchinette. Ora la donna, il marito 30enne e gli altri due complici quando saranno identificati, sono accusati di simulazione di reato e procurato allarme.
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