Medico dell’ospedale
a processo per furto
Rubava ai colleghi
Nella foto, i guanti utilizzati per i furti e le banconote civetta
E’ accusata di aver compiuto una serie di furti (una decina, tra messi a segno e tentati) all’ospedale Maggiore di Crema, prendendo di mira il denaro, le monetine o anche caramelle dei suoi colleghi. A processo con l’accusa di furto aggravato ci è finito un medico, Giampiera Gatti, 50enne cremasca, arrestata il 25 marzo di quest’anno dopo essere stata smascherata dalle telecamere. L’imputata, medico dell’accettazione, è difesa dall’avvocato Marco Severgnini che al giudice Pio Massa ha chiesto di poter celebrare il processo con il rito abbreviato condizionato ad effettuare una perizia psichiatrica. L’udienza è stata quindi rinviata al prossimo 20 febbraio. I furti erano stati segnalati un anno e mezzo fa, ma all’imputata sono contestati solo i furti messi a segno o tentati tra il febbraio e il marzo scorso. Vittime, i medici e il personale dell’ospedale che durante l’orario di lavoro erano stati alleggeriti di denaro e monete lasciati nelle borse depositate negli spogliatoi. Dopo una decina di denunce, la procura aveva dato il via libera agli uomini della polizia che, anche in accordo con l’Azienda ospedaliera, avevano posizionato telecamere e banconote civetta nelle borse e nei portafogli di alcune delle vittime, preventivamente cosparsi di una speciale sostanza fluorescente. Gli investigatori erano infatti sicuri che i furti si sarebbero ripetuti. Ed avevano ragione. Poche ore dopo il posizionamento delle “trappole”, l’autrice dei furti era stata ripresa mentre rovistava negli armadietti, nelle borsette e negli indumenti del personale dell’ospedale. In un caso aveva anche rubato la chiave di un armadietto che aveva usato in seguito per rovistare all’interno. La mattina del 25 marzo i poliziotti si erano appostati in attesa che la ladra agisse di nuovo. E puntualmente, lei, nonostante fosse fuori servizio, era arrivata, entrata negli spogliatoi per poi uscirvi subito dopo con il bottino. Peccato per lei che il denaro rubato, una banconota da 20 euro, fosse cosparso della polvere fluorescente che aveva permesso agli agenti di arrestarla in flagranza di furto. Il giudice aveva deciso per la misura dei domiciliari.
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