Economia

Crema città della bellezza
Dal Polo al corso in cosmesi
Il beauty si espande

Entrando nell’ufficio di Renato Ancorotti si ha la sensazione d’essere nella stanza dell’ordine. Non c’è nulla fuori posto. Sulla scrivania, tra documenti e materiale da cancelleria, spunta qualche flaconcino di mascara, perfettamente in squadra con i libri ed il tavolo. Le pareti sono interamente coperte da quadri, foto e titoli di riconoscimento. Nessuna cornice è disallineata e l’unico riquadro storto, in realtà, ritrae un viso che solo in quella maniera risulta dritto.
Ci accomodiamo al tavolo delle riunioni. “I dettagli sul corso ideato in collaborazione con l’Itis di Crema e Sogecos li forniremo in conferenza stampa, ma possiamo comunque anticipare qualcosa”.
Dunque, mi dica: di cosa parliamo?
Parliamo dell’opportunità di un corso che ormai è stato deliberato, che rappresenta una goccia in questo mare di disoccupazione. Formerà persone che avranno una certa facilità d’impiego. Anzi, questo è proprio l’obiettivo del corso: far sì che queste persone trovino lavoro. Non è il solito corso che mira a fare un po’ di formazione. Si tratta di una formazione mirata, adeguata alla richieste e ai bisogni delle aziende; persone che siano in grado di parlare la lingua utilizzata all’interno delle nostre aziende, e che abbiamo una conoscenza degli strumenti dei macchinari e dei metodi usati all’interno dell’azienda stessa. Questo ci permetterà di assumere dei giovani con una buona base culturale, su cui possiamo costruire noi della formazione, senza dover fare scuola. Il nostro compito sarà quello di approfondire la formazione fatta dalla scuola, all’interno dell’azienda.
Una formazione a tutto tondo, pare di capire.
Chi arriva in azienda deve conoscere le documentazioni, le certificazioni, i mercati di riferimento, le compatibilità dei packagins coi prodotti, la legislazione non solo italiana ma europea e anche mondiale, perché molti paesi hanno una legislazione che ricalca quella generalizzata ma che ha delle differenze. Formare chi riesce ad interloquire con le varie legislazioni è fondamentale per noi, perché a livello esportativo noi non esportiamo solo il prodotto ma anche i documenti.
Non ci sono persone che escono dall’università formate per fare questo. Questo corso ha il compito di colmare un po’ di lacune, ed è rivolto a persone che si sono diplomate. Quello che inseriamo a livello didattico è ciò che noi notiamo manchino anche a chi è uscito dall’università – perché non è detto che i laureati siano favoriti. E poi vorremmo formare dei giovani che entrino nell’azienda a 360 gradi, che si occupino di marketing ma possiedano conoscenze tecniche e viceversa.
Detto che i due terzi della produzione mondiale del makeup dato in outsourcing è italiano, io credo che ci sia la possibilità di formare dei giovani che siano il futuro per le nostre aziende, che, purtroppo, oggi ce li rubiamo uno con l’altro. Più giovani formati ci sono e più stabilizzazione si può dare in questi settori. Ma chiaramente questo non è che un primo corso, che necessiterà d’essere perfezionato, ma che speriamo di poter ripetere.
Quali saranno i docenti di questo corso?
Non necessariamente docenti universitari o scolastici, ma anche uomini di aziende che conoscono procedure, macchinari e prodotti dell’azienda. Saranno figure certamente qualificate, che sapranno insegnare l’anatomia funzionale al lavoro, perché noi lavoriamo a livello dermatologico, ma non professori che spiegano la struttura scheletrica, che a noi non interessa. Stesso discorso per la microbiologia. (L’intervista viene interrotta per qualche minuto da un’urgenza di lavoro).
…perché non facciamo le strade della bellezza?
Cosa intende per strade della bellezza?
Le strade della bellezza portano alla città della bellezza, che è Crema – si riferisce al fatto che questa zona è particolarmente florida per la cosmesi; il Polo della Cosmesi del cremasco ne è la dimostrazione, nda –. Non ci costerebbe: sono dei banner che basta posizionare fuori dalla città e qualche cartello delle strade della bellezza. Strade che portano a Crema dove ci sono queste aziende cosmetiche. In questo modo diamo un significato e diamo importanza ad un’eccellenza che abbiamo: esportiamo più del 75%. Questo fa bene al nostro paese, e permette da far crescere il livello occupazionale, cosa che in altri settori, ovviamente, non c’è. Permette anche di promuovere corsi ed iniziative per aumentare la conoscenza dei nostri prodotti all’estero, dove la nostra zona è famosa proprio per quello che facciamo. Tutto questo farebbe sì che l’attrattiva culturale di Crema e del cremasco possa crescere senza grandi costi.
Torniamo al discorso del corso: di solito, quando raggiungono traguardi importanti, le aziende cominciano ad esternalizzare. Alcuni, addirittura, dislocano all’estero. Con questo progetto, invece, si danno due segnali importanti. Il primo: c’è ancora chi crede nei giovani. Il secondo: rimaniamo nella nostra città. È una “scelta politica”, la sua?
La mia è una scelta politica assoluta. Io credo che i giovani debbano fare esperienza all’estero, ma per arricchire se stessi e tornare qua.
Noi, con la scuola, investiamo sui giovani, salvo poi non riuscire a tenerceli qua, perché diamo offriamo minori opportunità. E questo è assurdo: ho investito per qualcuno che poi se ne va.
Questo corso, o i corsi che seguiranno, perché questo può essere l’inizio, ha come scopo la centralizzazione della cultura cosmetica nel territorio; questo, è fondamentale. Tuttavia, noi dobbiamo fare qualcosa che permetta un proseguo, non dev’essere un corso fine a se stesso. Poi, è chiaro: le opportunità possono esserci anche altrove: all’estero, per esempio. Ciò che intendo dire è che le opportunità non sono solo territoriali, sono anche internazionali. Mi piacerebbe che fossero non solo lombarde, ma anche diffuse in tutta Italia. Però rimane il fatto che si debba centralizzare, bisogna avere un punto di riferimento.
Oggi il nostro settore funziona, è riconosciuto all’estero; approfittiamone. Quindi: delocalizzazione? No, assolutamente! Il nostro savoir faire deve rimanere qua.
Ultima domanda: qual è l’auspicio più grande di Renato Ancorotti?
Quello che Crema diventi sempre più importante. Io sono un cremasco, non dico doc, ma sicuramente di quelli che tiene alla propria città in modo assoluto. Vedo grandi potenzialità, però bisognerebbe mettersi tutti ad un tavolo e fare un po’ di strategia. I giovani, a volte, vengono visti come un peso e non come il futuro. Per me il futuro siete voi.
s.z.
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