Politica

Con questi partiti serpenti
come può finire la crisi?

Il Pdl non esiste più, si è spaccato in due parti. Il Pd non vede oltre le Primarie dell’8 dicembre, Casini ha spaccato Scelta civica per ricreare il grande centro, Letta rischia di fare la fine di Monti, l’Ue ha bocciato Saccomanni (dovrà riscrivere la manovra) e congelato i suoi aiuti all’Italia. Con questo scenario come potremo uscire dalla crisi?

Eppure Moody’s e Bankitalia ci credono.Con due rapporti pieni di numeri la grande agenzia di rating e la nostra Bancona ci hanno mandato a dire che “la ripresa è dietro l’angolo”. Per carità, nessun facile ottimismo, nessun quadro rosa. Epperò – hanno detto gli americani – il Pil italiano tornerà ad aumentare nel 2014. Ha aggiunto Bankitalia: “Sì, vi sono segnali qualitativi del miglioramento macroeconomico”, l’attività produttiva non cala più, i conti con l’estero vanno meglio, i rischi connessi all’indebitamento sono minori, lo spread tra Btp e Bund è basso, gli stranieri hanno ricominciato a comprare i nostri titoli.

Dobbiamo crederci? Certo, abbiamo il diritto a crederci ma senza smanie. Senza illusioni. Anche perché sotto gli occhi corrono altri conti: 6 milioni di italiani non hanno un lavoro, 48mila negozi chiuderanno entro l’anno, 2 milioni di famiglie non hanno un reddito sufficiente, le imprese continuano ad essere massacrate (28 tasse solo tra novembre e dicembre), la burocrazia è famelica e ottusa, la pressione fiscale è da record europeo (43,8%). E più ci inchiniamo all’Europa e peggio è.

Le tasse, ad esempio.Aumenteranno ancora, altroché. Aumenteranno di 1,2 miliardi di euro nel 2014. Impossibile ridurle, dicono gli esperti. Perché abbiamo un debito pubblico esagerato, a Natale raggiungerà il 133% del Prodotto interno lordo. In un decennio è salito di trenta punti. Oggi spendiamo 85 miliardi l’anno per gli interessi, cioè il 5,4 per cento del Pil. E i tassi sono bassi. Ma quando saliranno?

Per uscire dal tunnel , dicono sempre gli esperti, ci sono due modi: tassare la ricchezza privata mediante una patrimoniale oppure privatizzare le imprese statali e vendere immobili. Meglio la seconda strada della prima. La prima la conosciamo seguendo le cronache di Finmeccanica e Alitalia. I governi passati dicevano che la “politica industriale” – cioè dirigismo e imprese pubbliche – avrebbero portato crescita. Balle. Come vediamo ogni giorno anche per le controllate da Comuni e Regioni, lorsignori (di destra, di sinistra) hanno solo prodotto carrozzoni costosi , in cui l’insipienza e la corruzione l’hanno fatta da padroni.

Ha ragione Alberoni quando dice che nel corso degli anni “in Italia il potere statale si è diluito e frantumato in innumerevoli potentati quasi autonomi che spesso mirano solo ad accrescere il proprio potere e a fare i propri interessi. Danno questa impressione il Senato, la Camera, i partiti che li costituiscono, il governo nazionale, le amministrazioni delle regioni speciali e non speciali, le province, i comuni, poi la magistratura nelle sue diverse forme, la Banca d’Italia, le Autorità, i sindacati, i gruppi di pressione, gli enti inutili”.

Troppi “gruppi” hanno privilegi da conservare e interessi da difendere. Non molleranno l’osso facilmente.

D’altra parte se la legge di stabilità è stata aggredita da tremila emendamenti significa che siamo finiti nella palude fin qua. Vuol dire che il nostro Paese è guidato da un Potere melmoso . Ci vorrà molta acqua bollente per spazzarlo via. Napolitano, da solo, non può farcela. I partiti serpenti fanno quello che vogliono. Per ora.

Enrico Pirondini

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