Musica ‘piratata’ nel
bar, a processo titolare
Perizia hard disk e dvd
Il titolare del Caffè Verdi di Crema, Stefano Cattaneo, 43 anni, e’ a processo davanti al giudice Maria Stella Leone perché accusato di aver “permesso la riproduzione e diffusione di musica in modo abusivo in quanto effettuata senza il pagamento dei diritti Siae”. L’episodio risale al 22 febbraio 2008 , quando i finanzieri entrarono nel locale, accertarono la riproduzione di musica e sequestrarono un personal computer, due hard disk con alimentatore e cavi e un dvd dalle cui analisi tecniche risultarono 16.594 opere conteggiate. All’epoca i finanzieri, tramite la visura camerale, individuarono l’imputato come presidente della società Caffe’ Verdi, ma secondo il difensore, l’avvocato Massimo Martelli, la visura camerale non era aggiornata. “Il mio cliente non era né amministratore delegato, ne’ legale rappresentante”. Nella visura controllata dai finanzieri, Cattaneo risultava consigliere delegato e presidente del cda, ma in aula il legale ha riferito che nel marzo del 2007, quindi un anno prima dei fatti, nel cda l’imputato non aveva più la carica di presidente, come risulta anche dal verbale. In udienza sono stati sentiti anche i militari che perquisirono il locale. Sotto sequestro finirono attrezzature informatiche che diffondevano la musica attraverso un hard disk collegato al computer principale. Chiamata a testimoniare anche Francesca Contardo, il perito nominato dal pm per effettuare le analisi informatiche del computer, degli hard disk e dei dvd con materiale musicale e video. Dei 23.000 mila file complessivi che i tecnici hanno verificato a campione, ne sono stati esaminati solo 28, in quanto, come ha spiegato l’esperta, “abbiamo dedotto che tutti fossero stati riprodotti”. Nella perizia, inoltre, non è stato possibile determinare né i tempi, né i modi in cui i file erano stati riprodotti. Per il perito, “non è possibile accertare se i file arrivassero da cd originali. Alla Contardo, il legale della difesa ha chiesto se fosse stata effettuata una fase di preservazione dei dati prima di accedere ai file, così come stabilito dal trattato di Budapest sui reati informatici, convenzione impiegata anche nel delitto di Garlasco. “Non ci è stata richiesta”, ha risposto la teste. L’udienza è stata aggiornata al prossimo 6 dicembre per la sentenza.
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