Economia

Faital, situazione al limite: pronti
licenziamenti e trasferimento
della produzione all’estero

“La situazione è difficile e complicata per l’atteggiamento dell’azienda”. Così il segretario della Fim Cisl, Omar Cattaneo che insieme al collega della Fiom Cgil, Massimiliano Bosio sta portando avanti una ‘trattativa’, se così si può definire, per salvare il posto di lavoro ai dipendenti della Faital di Chieve. “Ma, – spiega Cattaneo – l’azienda no ci sente, non accetta trattative se non alle sue condizioni. E questo non si può definire trattativa”. Sono su tutte le furie le parti sindacali dopo che l’azienda, ha messo un out out a qualsiasi confronto con condizioni precise, ma inaccettabili da sindacato e lavoratori. In pratica: mobilità volontaria con un incentivo massimo di 11mila e 300 euro lordi per coloro che si agganciano alla pensione entro quattro anni, 17mila e 300 euro per coloro che lasciano il posto senza possibilità di andare in pensione. Questo per 26 persone sul 80 totali (impiegati compresi) alle dipendenze dell’impresa di Chieve. “L’azienda dice che vuole ristrutturarsi e quindi portare tutti i lavoratori a otto ore, mentre ora una parte, lavora 5,40 ore per un accordo stretto alla fine degli anni ’90. Altro paletto: tutte le persone che restano devono lavorare otto ore, fatto salvo per quattro alle quali l’impresa è disposta a concedere un part-time a quattro ore. Non una in più, nonostante le richieste siano sei”.
Queste le condizione dell’impresa che “concederà la mobilità solo ed esclusivamente se i sindacati garantiranno l’uscita dei dipendente, non vuole sentir parlare di cassa integrazione straordinaria e che ha minacciato di procedere ai licenziamenti dal 23 dicembre se non verranno accettate le sue condizioni. Inoltre, ha ventilato anche l’ipotesi di trasferire la produzione in Spagna o in Ungheria se una qualsiasi delle persone licenziate impugnerà il provvedimento”, sottolinea Cattaneo.
Condizioni inaccettabili per le parti sindacali. “Prima cosa: noi non possiamo garantire l’uscita volontaria delle lavoratrici perchè il compito del sindacato è salvare i posti di lavoro e non convincere i dipendenti ad andarsene, e poi questa non è una trattativa ma una imposizione. La prossima settimana faremo un altro incontro con le donne che lavorano 5.40 ore per capire se c’è spazio di manovra, ma per ora con l’azienda non fino fissati altri confronti. Il problema che non è il sindacato che rompe la trattativa, ma l’azienda che non vuole trattare se non alle sue condizioni”.
Una situazione che si preannuncia molto tesa.
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