Affitta madre in Ucraina: coppia
a processo per alterazione di stato
Un caso balzato agli onori delle cronache è arrivato oggi davanti all’udienza collegiale. Due genitori sono a processo con l’accusa di alterazione di stato. Una vicenda che ha fatto e che farà discutere, soprattutto quando arriverà a sentenza. È la storia di una coppia cremasca che, volendo disperatamente un figlio, ha affittato una madre surrogata. Tutto è iniziato un paio di anni fa quando marito e moglie sono venuti a conoscenza del fatto che a Kiev, in Ucraina, c’era la sede di una società accreditata che poteva fare al caso loro. Hanno comprato i biglietti e sono partiti alla volta dell’Ucraina. Qui l’uomo è stato sottoposto a tutti gli esami e alla fine il responso è stato positivo: la fecondazione in vitro poteva essere fatta. A far nascere il bambino, una madre ucraina. Il costo: 30mila euro. I due hanno dato avvio alle procedure, hanno versato un anticipo di 6mila euro e nel marzo del 2011 alla coppia è stato comunicato che l’intervento era riuscito, che avrebbero avuto un bambino e che sarebbe stato registrato. Marito e moglie hanno quindi conosciuto la mamma surrogata che ha portato avanti la gravidanza e affrontato il parto. Terminate le formalità burocratiche, il bimbo è stato iscritto all’anagrafe di Kiev come figlio della coppia, così come prevede la legge ucraina. I genitori cremaschi, dunque, hanno portato il bambino in Italia. Intanto, l’ambasciata ucraina ha chiesto all’ufficio anagrafe di Crema di trascrivere il certificato di nascita. Tutto sembrava filare via liscio fino a quando qualcuno ha spifferato che la donna non era mai rimasta incinta. E’ scattata la segnalazione alla procura ed è cominciata l’indagine.
La coppia si è vista togliere il neonato che aveva cresciuto per un anno e mezzo. Il bambino è stato dato in affido. Nei confronti dei genitori è scattata una denuncia per alterazione di stato. Nella storia, già di per sé delicata, vi sarebbe poi un giallo. Il bambino potrebbe addirittura non essere figlio del padre naturale. Mamma e papà sono difesi dagli avvocati Cecilia Rizzica, di Roma e da Giovanni Passoni. Per l’avvocato Rizzica, “bisogna sollevare il caso a livello politico, perché la maternità surrogata è riconosciuta in diversi paesi. Il ministero degli Esteri ne prende atto, poi però invia alle ambasciate circolari nelle quali si sollecita di avvisare i genitori che una volta arrivati in Italia il bambino verrà loro tolto e loro saranno denunciati”. Il legale ha inoltre sottolineato che “tra l’altro si sta parlando di bambini già nati”. Il processo, che si sta celebrando a porte chiuse, è stato aggiornato all’udienza del prossimo 14 gennaio. Oggi, intanto, sono stati sentiti due testimoni del pm: un impiegato dell’anagrafe e un medico.
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