Cronaca

Fusione piccoli Comuni
la chiedono in 58
ma nessuno del cremonese

Non c’è nessun comune della provincia di Cremona tra quelli che si autopropongono per la fusione al fine di migliorare i servizi e diminuire i costi della pubblica amministrazione. I 115 comuni della provincia di Cremona, un numero altissimo, che include molti micro – comuni che non superano i 500 abitanti, sono perfetti  esempi di campanilismo duro a morire. “Stamani in Consiglio  – afferma il consigliere regionale  Agostino Alloni – abbiamo detto di sì a ben 18 richieste di fusione di piccoli comuni. Ora si faranno i referendum e gli elettori decideranno. In totale saranno 58 quelli che si metteranno insieme. Nessuno in provincia di Cremona. Credo invece che anche qui da noi si deve andare in questa direzione. Qualche esempio? Pianengo con Campagnola e Cremosano! Montodine con tutte e tre le Ripalte e Moscazzano!! Motta e Scandolara….Che ne dite? Forse non lo sapete ma se il Sindaco o il Consiglio non sono d’accordo la richiesta può essere fatta dai cittadini; naturalmente la metà più uno degli elettori!”.

I 58 comuni coinvolti si trovano nelle province di Bergamo, Como, Lecco, Mantova (qui la proposta riguarda Virgilio e Borgoforte), Pvia, Sondrio e Varese. Prevista dalla nostra Costituzione, la fusione consiste in un processo di accorpamento e soppressione di più Comuni preesistenti e finalizzato ad istituire un nuovo Comune (con una denominazione nuova, che sarà anche questa oggetto del quesito referendario) col duplice obiettivo di ridurre i costi della macchina amministrativa e allo stesso tempo migliorare i servizi erogati ai cittadini. Dopo i referendum l’iter della fusione prevede l’eventuale formalizzazione di un progetto di legge da sottoporre al parere degli Enti locali interessati e al voto del Consiglio regionale.
Ampio il dibattito sviluppatosi attorno all’intervento del capogruppo della Lega Nord Massimiliano Romeo, che chiedeva di attendere i pareri delle Province e delle Comunità montane prima di procedere. Il dubbio procedurale è stato sciolto con una nota degli uffici legislativi che hanno confermato che la “circostanza che i pareri non siano ancora pervenuti non osta alla deliberazione del Consiglio regionale sulle proposte di referendum”. “Il voto odierno – ha precisato Romeo, Lega Nord – non è un voto favorevole alla fusione, ma è un atto dovuto ai fini di consentire alle popolazioni coinvolte di esprimere le proprie intenzioni attraverso un referendum.  Non siamo contrari a un provvedimento che abbiamo sostenuto anche in Commissione. Solo preferivamo sentire Province e Comunità montane prima di votare”. I relatori delle proposte, i pidiellini Giulio Gallera e Stefano Carugo hanno sottolineato l’importanza di un voto celere. Dare il via libera a questi provvedimenti – ha sottolineato Fabio Pizzul (PD) – significa rispettare la volontà dei cittadini e delle stesse amministrazioni che chiedono di fondersi perché hanno strutture e costi non sostenibili”. “Avremmo preferito – ha detto Stefano Bruno  Galli (Lista Maroni) – sentire il parere degli enti locali visto che la fusione è certamente lo strumento migliore, perché premette una consultazione popolare, ma resta comunque una misura da utilizzare con equilibrio e delicatezza”. Per Dario Violi (M5S) “Non si può immaginare di votare contro perché oggi non entriamo nel merito della fusione ma decidiamo solo sull’indizione del referendum per conoscere l’opinione dei cittadini”.
Durante il dibattito sono intervenuti anche i Consiglieri regionali Anna Lisa Baroni e Alessandro Fermi (PDL), Pietro Foroni (Lega Nord), Fabio Angelo Fanetti e Lino Fossati (Lista Maroni), Alessandro Alfieri, Enrico Brambilla e Corrado Tomasi (PD), Paola Macchi (M5S).

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