Caso donna sfrattata,
le opposizioni a Lottaroli
“Lasci la maggioranza”
La porta sbattuta da Mario Lottaroli, dopo la vicenda dell’invalida sfrattata, ha scatenato inevitabilmente la polemica da parte delle minoranze. Ad incalzare il consigliere di Rifondazione Comunista perché, oltre a rassegnare le dimissioni da responsabile casa, si dissoci, insieme al collega Piergiuseppe Bettenzoli e al consigliere di Sel Emanuele Coti Zelati, dalla maggioranza, sono sia Antonio Agazzi di Servire il cittadino, che Simone Beretta del Pdl. “Ricordo lo strepitare delle forze di estrema sinistra quando un cittadino di origini rumene stazionava, con la famiglia, in piazza Duomo: aveva perso il lavoro e ricevuto lo sfratto, per morosità, dai proprietari (dei privati) della casa in cui viveva. Sindaco era Bruttomesso, le elezioni amministrative erano alle porte, si esigeva, a gran voce, che i Servizi Sociali risolvessero la questione e, ovviamente, gli amministratori di allora, centro-destra, venivano rappresentati quasi come insensibili verso i più deboli. Ebbene,” prosegue Agazzi “ora al governo di Crema ci sono loro, chi sfratta non è il privato ma il pubblico, naturalmente anche in questo caso per morosità. Che faranno gli amici del centro-sinistra? Le consentiranno di non pagare? Verrà comunque sfrattata e noi dovremo gridare all’insensibilità del sindaco e della giunta di Crema?”, conclude Agazzi che a Lottaroli, Bettenzoli e Coti Zelati suggerisce due strade: “accontentarsi di un ruolo che ormai rasenta l’irrilevanza o togliere l’appoggio all’Amministrazione Bonaldi”. A Agazzi fa eco Beretta che già all’indomani della vicenda della donna sfrattata aveva già espresso tutto il suo disappunto. “Ha fatto bene anche il consigliere delegato alla casa che, prendendo spunto dallo sfratto di un’inquilina di una casa comunale – cosa che a memoria mia non è mai accaduta in questa città negli ultimi quarant’anni – ha sbattuto la porta per essere stato preso in giro o poco considerato. Meno male che il consigliere di Rifondazione comunista non si chiama Simone Beretta. Mi sembra di capire che sotto le apparenze di una democrazia tanto sventolata si nasconda invece un atteggiamento elitario ed autoritario della signora Bonaldi, probabilmente alle prese con qualcosa più grande di lei”.
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