Cronaca

Cava Alberti chiusi i battenti
Il tribunale ha nominato
il curatore fallimentare

Nella foto, di repertorio, gli operai della Cava Alberti in protesta

La crisi imperversa nel territorio cremasco. Le notizie di aziende in difficoltà si moltiplicano, così come le statistiche di persone che in provincia hanno perso il lavoro o che sono in gravi difficoltà. Ultima tragica notizia quella di ieri di un imprenditore cremasco sommerso dai debiti che ha tentato il suicidio (leggi l’articolo). A questo si aggiunge il dramma dei licenziamenti: 54 solo nel mese di febbraio e 320 nei primi due mesi (leggi l’articolo) e delle imprese in difficoltà che non ricevono crediti dalle banche (leggi l’articolo).

E è proprio di queste ultime ore un’altra notizia drammatica per il mondo del lavoro: la Cava Alberti ha chiuso i battenti. Per la storica impresa cremasca è arrivata la fine.  Già da qualche settimana in tribunale erano partite le operazioni per arrivare al fallimento dell’azienda a seguito di una ingiunzione presentata da creditori e dipendenti. Ora il fallimento è arrivato, dichiarato lo scorso 7 marzo con la nomina del curatore fallimentare, Claudio Boschiroli. In mattinata il curatore si è già recato in azienda e ha già incontrato i lavoratori. Attenti alla vicenda i sindacati, Cesare Pavesi di Fillea Cgil e Enrico Sonzogni di Filca Cisl, che stanno vigilando perché venga garantita la cassa integrazione già firmata e perché si evitino licenziamenti di massa della ventina di dipendenti ancora in forza.

La vicenda della crisi della Cava Alberti risale ad un paio di anni fa, quando l’azienda aveva pressato per una revisione celere del Piano Cave provinciale dopo aver finito il permesso di cavare. A questo si sono aggiunti i guai dell’intero settore edile e cave con una crisi che sta facendo crollare una azienda dopo l’altra. Non si contano le aziende che in questo ultimo periodo, piccole aziende di tre o quattro dipendenti, che hanno chiuso i battenti. E a queste ore si aggiunge una delle storiche aziende del territorio, che vanta oltre 40 anni di storia. Oltre al dramma dei dipendenti ancora in forza e di quelli che se ne sono già andati che attendono circa otto mesi di stipendi arretrati oltre ai trattamenti di fine rapporto. Per rivendicare i propri diritti erano stati in sit-in all’inizio della via che conduce alla cava per alcune settimane. Ora quelle bandiere non ci sono più, così come non ci sono più gli striscioni e l’azienda.

Già qualche settimana fa a confermare le difficoltà della Cava Alberti era stato l’avvocato della Cgil, Nicola Gudenzi: “In tribunale  – aveva detto – si è già riunita la camera di consiglio a seguito di una istanza presentata non solo dai dipendenti, ma anche da altri creditori. Le proposte arrivate dall’impresa per evitare il fallimento non sono state ritenute sufficienti, e il giudice si è riservato la dichiarazione di fallimento che dovrà essere presa in camera di consiglio e che arriverà nei prossimi giorni. I requisiti richiesti dagli avvocati per il fallimento ci sono tutti. Poi sarà nominato il curatore fallimentare”.

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