Nessun processo per
don Inzoli, ecco come
l’accusa arrivò al vescovo
Non c’è mai stato nessun processo penale nè in Italia nè altrove contro don Mauro Inzoli, contrariamente a quanto ipotizzato dopo il clamore della sua riduzione allo stato laicale. Tutto è restato dentro la Chiesa, secondo i termini di quel “segreto pontificio” voluto da Papa Ratzinger. C’è stato il giudizio della Congregazione per la dottrina della fede che ne ha decretato la riduzione allo stato laicale. Ovviamente l’ex Santo Uffizzio ha giudicato di estrema gravità quanto commesso da don Inzoli, tanto è vero che il comunicato del vescovo di Crema Oscar Cantoni, così afferma: “In data 9 dicembre 2012 il Vescovo di Crema ha emesso un decreto, su mandato della Congregazione per la Dottrina della Fede (Santa Sede), che dispone la dimissione dallo stato clericale del rev.do Monsignor Mauro Inzoli al termine di un procedimento canonico a norma del canone 1720 del Codice di Diritto Canonico. La pena è sospesa in attesa del secondo grado di giudizio. Ogni altra informazione in merito al provvedimento di cui sopra è riservata all’autorità della Congregazione per la Dottrina della Fede”.
Quali sono dunque gli atti contrari al codice di Diritto Canonico commessi da don Mauro? Secondo quanto riferito da alcune fonti vicine alla diocesi di Crema, tutto sarebbe avvenuto durante il periodo in cui don Mauro era ancora parroco della Santissima Trinità. Don Mauro sarebbe stato accusato da alcuni genitori della parrocchia di aver avvicinato sessualmente i loro figli. I genitori, anziché procedere alla denuncia penale – come sarebbe stato possibile, legittimo e nei loro diritti – hanno preferito rivolgersi direttamente al vescovo, chiedendo la rimozione del sacerdote dalla parrocchia. Cosa che il vescovo ha fatto, domandando a don Mauro di lasciare spontaneamente la Santissima Trinità.
Così due anni fa, dopo 17 anni, don Inzoli annunciò direttamente ai fedeli durante la messa delle 11, la sua decisione di lasciare la parrocchia di via 20 settembre per “motivi di salute”. “Quante volte preghiamo chiedendo a Dio, vieni presto a salvarmi. Lui verrà, non tarderà e il giusto vivrà la sua fede; ma quando la fede è ridotta a idea prima o poi non ha più la capacità di sostenere la vita. Ma quando è piena degli occhi del giusto allora sì che la vita ha senso e gli appartiene. Voglio dirvi che ho nel cuore la speranza. La speranza che possiate accogliere chi verrà dopo di me come avete accolto me. Io devo solo ringraziarvi e che il Signore sia con voi” disse dal pulpito nella chiesa gremita. Lo sconcerto fu notevole e subito iniziarono a circolare a Crema voci di ben altre ragioni anziché quelle di salute.
Don Mauro era diventato un punto di riferimento importante in città e non solo. Prete di punta di Comunione e Liberazione, aveva dato slancio a tutto il movimento anche a livello nazionale. Lasciata Crema andò ad abitare a Milano con la madre e la sorella. Poco dopo don Mauro lasciò anche la presidenza del Banco Alimentare , che aveva fondato 15 anni prima. Ma, come suo dovere, il vescovo Oscar Cantoni mandò avanti il procedimento previsto in via esclusiva dall’ordinamento canonico. Per presentare e sostenere l’accusa si è costituito un Promotore di Giustizia, una sorte di Pubblico Ministero che ha proceduto alla raccolta delle prove, delle testimonianze presentandola poi alla Congregazione che, riunitasi, ha disposto la dimissione dallo stato clericale di don Mauro. Il resto è storia recente. Il comunicato del vescovo e la lettera ai fedeli cremaschi con la quale manifestava tutto il suo dolore per l’accaduto.
Ricordiamo che l’obbligo del “segreto pontificio” per tutto ciò che riguarda gli atti sessuali con maggiorenni adescati durante il sacramento della confessione o ai danni di minori comunque adescati e abusati fu voluto da Wojtyla e a firma degli allora cardinali Joseph Ratzinger e Tarcisio Bertone. Fa parte della cosiddetta “tolleranza zero” voluta sul tema dal Vaticano. Come ha spiegato il Pubblico Ministero del Vaticano Charles Scicluna “la diocesi locale indaga ogni accusa di abuso sessuale su un minore da parte di un chierico, quindi se l’accusa ha una parvenza di verità, il tutto viene inviato all’ex Santo Uffizio”. Il Vescovo trasmette tutte le necessarie informazioni in Vaticano e quindi “ esprime il suo parere sulle procedure da seguire e le misure da adottare nel breve e lungo termine”, scrive “La Stampa” intervistando Scicluna. E spiega ancora che durante la fase preliminare“il vescovo può prendere misure cautelative per salvaguardare la comunità” fino alla sentenza della Congregazione e al decreto vescovile.
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