Cronaca

Vescovo di Crema su
don Inzoli: ‘Chiesa non
ha nascosto verità’

«Alla mia Chiesa, umiliata e ferita». Con queste parole il vescovo monsignor Oscar Cantoni, apre la lettera indirizzata ai fedeli, dopo la vicenda che ha coinvolto don Mauro Inzoli, ex parroco di Santa Trinità, reso allo stato laicale da un provvedimento della Santa Sede.  Una lettera indica tutta la sofferenza del vescovo per la vicenda che ha coinvolto tutto il sacerdote cremasco, e per il clamore mediatico che ha portato con sé.

“Viviamo in questi giorni, quali figli e figlie della Chiesa di Crema, umiliata e ferita, una grande sofferenza. La respiriamo nell’aria, la condividiamo negli sguardi, in un silenzio che dice tutta la nostra prostrazione, al di là dell’ inevitabile clamore mediatico suscitato.

Trattandosi di un sacerdote, tutti ci sentiamo ancora di più coinvolti e sbigottiti. Un’intensa preghiera è innanzitutto ciò che di più urgente abbiamo bisogno, perché il Signore sia forza e sostegno di quanti, come noi, sono nella prova. Occorre pregare perché ci sia donata quella chiaroveggenza necessaria per affrontare il momento doloroso che attraversiamo come un’occasione di grazia. “Tutto concorre al bene di coloro che amano Dio” (Rom 8, 28 ). Chi lo afferma in questa circostanza, corre il rischio di passare per sprovveduto e ingenuo, ma nella fede non è così, perché vero credente è colui che si affida sempre al Signore, anche quando è difficile capire o interpretare i fatti della vita, soprattutto quelli più oscuri e più umilianti.

Non giudizi impietosi, quindi, né biasimi severi verso chi ha procurato la nostra sofferenza;  piuttosto rivolgiamo uno sguardo di compassione e di misericordia verso quanti, per diverso titolo, sono coinvolti e feriti. Nello stesso tempo, affermiamo che compassione e misericordia non sono mai disgiunte da un amore pieno per la verità: esse camminano insieme!  In questi giorni, la Chiesa, attraverso i suoi massimi responsabili, non ha sottaciuto la verità, ma l’ha definita, senza paura di giudizi e senza esitazione, rispettando, certo, le persone coinvolte, ma anche nella piena trasparenza di chi, proprio facendo la verità, si dimostra pienamente libero. Da una simile circostanza, emerge come non mai il volto umano della Chiesa che, in quanto composta da uomini, si presenta fragile e peccatrice, ma che continuamente avverte di essere chiamata alla penitenza e alla conversione, che confessa con umiltà i propri peccati e insieme confida nell’abbraccio misericordioso del Padre.

Ci sentiamo veramente parte di un unico Corpo, così che, quando uno dei suoi membri è malato, tutti ne risentono. Se è vero che le ferite e le umiliazioni ci accomunano, anziché provocare risentimenti, siamo chiamati ad una maggiore fedeltà, ad una più intensa responsabilità personale nelle scelte e nei gesti che compiamo, sapendo che il male che possiamo procurare con le nostre mani non ricade solo su noi stessi, ma inficia e ferisce tutto il corpo ecclesiale. Trattandosi di una colpa commessa da un sacerdote, comprendiamo la grandezza e la responsabilità che il ministero ordinato comporta, ma anche avvertiamo il rischio che il bene, largamente seminato, possa facilmente essere sminuito a causa dei nostri errori, anche se, per grazia di Dio, il bene non cessa mai di produrre i suoi frutti.

La decisione della Chiesa, che come medicina ricorre alle pene più severe, è prova evidente di chi si impegna a lottare contro il male, a partire dai suoi membri primi, fragili come gli altri uomini, di chi non si arrende di fronte alla peccaminosità propria e altrui, ma la combatte con le armi della giustizia e della verità.

Chiesa di Crema: non lasciarti cadere le braccia; avanza, anche nelle difficoltà, sui sentieri che oggi Dio ti fa percorrere e credi che da questa dolorosa prova il Signore saprà ricavarne un bene più grande. Crescerà il desiderio di cercare la verità nella carità, la sollecitudine nel far prevalere il bene, costi quel che costi, si svilupperà una più intensa unità tra tutti i tuoi membri e soprattutto una rafforzata sicurezza nella presenza attiva di Cristo, che, come afferma S. Agostino, “fa sua la sofferenza di tutto ciò che travaglia il Corpo sulla terra”.

+ Oscar Cantoni, vescovo

 

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