Cronaca

Luoghi di culto in città
per i religiosi cremaschi
è un diritto anche per l’Islam

Luoghi di culto, luoghi di incontro. Questo il messaggio che avrebbe dovuto passare in sala dei Ricevimenti, dove i rappresentanti delle varie comunità religiose presenti a Crema si sono confrontati. Questa la speranza, che però, forse non ha colpito nel segno: le resistenze dei cittadini ci sono, e sono state chiare nelle parole: «Se si fosse parlato di un luogo di culto per gli evangelisti non ci sarebbero stati problemi, il problema è il luogo di culto islamico». Una frase che racchiude tutte le paure, le resistente, e anche i pregiudizi di cremaschi che temono un forte disturbo della quiete dei loro quartieri, oltre che a problemi di viabilità, qualora il centro culturale arabo venisse insediato nelle vicinanze delle loro abitazioni. Erano circa 200 i presenti nella sala del comune, parecchi i nordafricani di religione musulmana, al confronto che ha visto protagonisti i rappresentanti della Chiesa evangelista, Gennaro Chiocca, Filippo Chillemi, don Pierluigi Ferrari e don Mario Aldighieri in rappresentanza della Diocesi e Dhaouadi Bouzaiane rappresentante della comunità musulmana cremasca. L’incontro organizzato dai presidenti delle commissioni Ambiente e Territorio e Politiche sociali, Livia Severgnini e Emanuele Coti Zelati.

“DEVE ESSERE ACCETTATO SE SI E’ DEMOCRATICI”

Tutti d’accordo sul fatto che ogni confessione religiosa debba avere il suo luogo di culto, un punto di incontro e di integrazione. La richiesta di tutti i rappresentanti religiosi: quella di andare oltre gli stereotipi. «Usciamo dai preconcetti e guardiamo in facci alla realtà in modo più tranquillo», ha detto il rappresentante evangelista. «Superiamo gli stereotipi e le letture allarmistiche non sempre fondate che abbiamo visto su alcuni organi di stampa», ha fatto eco don Pierluigi Ferrari. Duro don Aldighieri, membro del tavolo delle religioni cremonese, in risposta alle contestazione sollevate da Felice Tosoni della Lega Nord. Tosoni citando l’articolo 8 della Costituzione italiana, ha posto l’accento sul non rispetto delle leggi italiane da parte dei musulmani. Piccata la replica di don Aldighieri: «Tutte le religioni devono sottostare alle leggi italiane, chi non le rispetta va in galera. Evitiamo la lettura prefatta della situazione, per piacere niente pregiudizi». Chiaro, anche di fronte alle resistenze di alcuni cittadini, anche il rappresentante della comunità islamica: «Non vogliamo arrecare disturbo a nessuno, abbiamo solo bisogno di un luogo più ampio perchè la nostra comunità presente dal 1998 in città, ora è aumentata e nell’appartamento di 40 metri quadrati non ci stiamo più».

MA COSA CI DOBBIAMO ASPETTARE?

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Il pubblico in sala Ricevimenti

Una domanda che racchiude tutti i timori dei cittadini. Domanda che ha trovato una immediata risposta da parte del rappresentante della comunità islamica: «Noi non intendiamo recare disturbo, non l’abbiamo mai fatto e non intendiamo farlo ora. La nostra religione si basa su cinque pilastri e tra questi la preghiera cinque volte al giorno. La concentrazione di persone, circa 250/300 è durante la preghiera del venerdì e durante il mese di Ramadan per la preghiera della sera dalle 22 a mezzanotte circa»

 

IL LUOGO DI CULTO, DOVE E QUANDO?

Nulla di deciso. Lo ha ribadito il sindaco Stefania Bonaldi, che però ha ribadito l’intenzione dell’amministrazione di concedere la possibilità a tutti di avere un proprio luogo di culto. «Non abbiamo ancora deciso dove: abbiamo delle proposte anche da privati e dopo Natale vedremo di prendere una decisione anche attraverso un confronto con le forze dell’ordine, per evitare problemi logistici e di viabilità». Che il centro culturale arabo debba essere all’interno delle mura della città è la convinzione dell’ex assessore Paolo Mariani: «Scegliere un luogo periferico come l’area Pip, significa ghettizzare le comunità che invece devono essere accolti all’interno della città, nelle mura». E che la ghettizzazione sia la scelta sbagliata ne è convinto anche don Aldighieri: «L’esclusione fa male a tutti. Un esempio? Le banlieue di Parigi».

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