Politica

Caos Province,
Piacenza vuole Cremona,
ma il Cremasco sceglie Lodi

Mancano pochi giorni alle decisioni del governo sul tema delle province. Cremona ha due parametri su tre per sopravvivere. Il suo destino è ancora incerto anche se le possibilità che la provincia di Cremona rimanga è sicuramente abbastanza alto; hanno invece il destino segnato Piacenza e Lodi. Proprio in questi due territori è in atto un dibattito serrato tra politici, forze economiche e sociali per definire con chi aggregarsi in vista della rivoluzione di Monti e della sua spending review. Anche perchè la soppressione della provincia porterebbe con sè l’addio futuro alla prefettura, all’ufficio scolastico provinciale e magari anche Questure e comandi provinciali dei carabinieri e della Finanza con problemi seri anche in termini di sicurezza. Sia Lodi che Piacenza strizzano l’occhio a Cremona, sia pure con modalità diverse. In una intervista concessa al quotidiano “Il Cittadino” di Lodi il presidente della Provincia di Milano,  Guido Podestà, spera che nasca la nuova provincia di Crema-Lodi.

Strada condivisa anche dal sindaco di Crema Stefania Bonaldi che incontrerà presto il primo cittadino di Lodi, Lorenzo Guerini. Dello stesso parere paiono essere i cremaschi. In un sondaggio lanciato su Facebook dall’assessore provinciale, Matteo Soccini, la maggior parte dei votanti, 82 su 133, in caso di nascita della “Provincia del Po”, tra Cremona e Mantova, vorrebbe che Crema e il Cremasco si unissero a Lodi creando una Provincia dell’Adda. Solo 31 sono per l’annessione a Bergamo e 20 per far parte della nuova provincia.

Tornando a Podestà, il presidente della Provincia di Milano e coordinatore del Consiglio per le autonomie locali della Lombardia, nell’intervista concessa ieri a “il Cittadino” afferma: «Credo che un’aggregazione fra Lodi e Crema possa essere la soluzione più gradita ai territori. Il Lodigiano, territorio che conosco bene, ha tre possibilità. Può unirsi al Cremasco, può riaggregarsi a Milano oppure, almeno a livello teorico, può unirsi alla provincia di Pavia. – ha proseguito Podestà –Credo che la prima ipotesi possa essere la più gradita ai territori, considerato anche quanto avvenuto nella storia. Non escludo però neppure una riaggregazione del Lodigiano con Milano». L’ipotesi di un’aggregazione fra Lodi e Crema è affascinante. Ma è una strada realmente percorribile?  «Il mio convincimento deriva dalle riflessioni fatte dal presidente della provincia di Cremona, Massimiliano Salini, circa un’ipotetica aggregazione tra Cremona e Mantova. A livello di semplice ragionamento, Crema potrebbe gravitare sulla parte ovest della Lombardia. Voglio però precisare che siamo nella fase delle prime riflessioni e le linee guida dovranno essere indicate dal governo».

Ma se Podestà lancia Cremona con Mantova e il cremasco con Lodi, di là dal Po tifano perchè il piacentino lasci l’Emilia (“Mai più nel ducato”, dicono di fronte all’ipotesi di mettersi con Parma) e si metta con Cremona e Lodi in un’unica provincia. I piacentini hanno già indetto gli stati generali della provincia e pensano ad un referendum per decidere con chi stare. Il presidente della Provincia di Piacenza Massimo Trespidi è partito lancia in resta per salvare l’Ente, lanciando appelli ai parlamentari e convocando una riunione con i 48 sindaci del territorio (si terrà mercoledì 18 luglio alle 21 nella sala del Consiglio). Anche i referendum stanno prendendo piede e vengono sbandierati in difesa della integrità territoriale, insieme con la buona amministrazione e il contenimento delle spese. Fautore di un rapido referendum per andare in Lombardia – «l’unico possibile, quello per salvare la Provincia non esiste» – è Tommaso Foti, storico parlamentare piacentino del Pdl.«Bisogna fare presto – ha affermato Foti – perché se il decreto viene convertito in legge le cose si complicheranno. Ritengo sia meglio accorparsi con la Lombardia. Lodi e Cremona hanno i parametri (estensione del territorio e numero di abitanti, ndr) per sopravvivere. Io dico meglio andare con loro che restare sudditi con altri. Ma se non facciamo subito il referendum saremo sudditi. E per affrettare la procedura del referendum basta una semplice delibera del Consiglio provinciale». Foti, poi, ricorda come in tanti abbiano la memoria corta. «Il decreto SalvaItalia – continua – prevedeva già l’azzeramento delle competenze delle Province. Ma tutti sono rimasti in silenzio. Il coordinamento passava ai comuni principali, via le Giunte, e consiglio di dieci persone che nominavano il presidente. E’ legge da sei mesi, ma nessuno si è mai lamentato».

No secco al referendum, secondo la deputata piacentina Pd Paola De Micheli «perché costa e non garantirebbe l’unitarietà del territorio. Infatti, con il referendum proposto dai Comuni ad esempio, la Valtrebbia vorrebbe andare in Liguria, la Bassa nel cremonese e la Valtidone con il Piemonte. Dico no allo smembramento del territorio». De Micheli, poi, critica la riforma Monti defindendola «pasticciata e inutile perché non risolve il problema delle funzioni e dei costi. Si parla di macroprovince, con le solo competenze di rifiuti e strade».  Sventola invece la bandiera lombarda, il parlamentare leghista Massimo Polledri. Anche se lui si sta battendo per evitare il peggio a Piacenza è indubbio «che serva una legge che ci consenta di attrezzarci per fare proposte concrete. Sono d’accordo al referendum che lasci scegliere ai cittadini dove vogliono andare. Dal punto di vista dell’efficienza delle amministrazioni, della sanità, ma anche del fisco o del tessuto economico io propendo per la Lombardia».

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