Cronaca

L’Inar e i suoi morti
in un libro
del Galmozzi

Sopra, nella foto di repertorio, l’ex Inar prima della bonifica

Deve ancora essere pubblicato, sarà pronto entro tre o quattro mesi, ma ha già ricevuto un importate riconoscimento: una medaglia dal presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano. E’ il libro messo in cantiere dal centro Galmozzi e che sarà scritto da Nino Antonaccio, sull’Inar di Romanengo. La comunicazione è arrivata in questi giorni al sindaco di Romanengo Marco Cavalli, da parte della segreteria del presidente Napoletano, dopo una richiesta inviata dallo stesso sindaco, dal collega di Offanengo, Gabriele Patrini, dallo stesso Centro di ricerca Alfredo Galmozzi, attraverso la senatrice Cinzia Fontana.

Un riconoscimento che arriva anche per via del tema trattato, che trova altri casi in Italia. A Romanengo e Offanengo 36 persone hanno perso la vita a causa dell’asbesto, l’ultima solo qualche mese fa. Sono circa 80 le persone ancora sotto osservazione, e si registrano centinaia di visite annue presso il nosocomio cittadino.

Questa sera un’anteprima del libro sarà presentata all’auditorium Galilei di Romanengo. Alla presenza dei sindaci dei due comuni, del presidente del Centro Galmozzi, Felice Lopopolo, del dirigente scolastico Flavio Arpini, della senatrice Fontana e delle insegnanti delle tre classi della scuola media di Romanengo che hanno dato vita al progetto: Enrica Ferla, Rossana Pedrini Graziella Ruffo.

Quella di stasera sarà la presentazione dell’anteprima del libro, con i ragazzi che leggeranno brani delle interviste delle donne impiegate nella fabbrica che lavorava tessuti in fibbra di amianto, presenteranno brani musicali e la ricerca multimediale sulla fabbrica. Sarà inoltre proiettato il un film di Claudia Seggi realizzato con la collaborazione di Mattia Benelli e Ottavio Bolzoni.

«Questo è il 14esimo libro che realizziamo sulle fabbriche-paese. Ci teniamo particolarmente per via della delicatezza del tema visto la terribile malattia che ha colpito i dipendenti della fabbrica, che siamo andati ad intervistare, insieme anche ai parenti di quelli che sono morti a casa dell’Asbestosi», spiega Felice Lo popolo.

Una serie di interviste che hanno portato alla luce un quadro differente dalle aspettative: per le ex dipendenti l’Inar non rappresenta solo la malattia, ma anche e soprattutto, il riscatto sociale per le donne che ci hanno lavorato.

«Emerge si la malattia – sottolinea infatti Lopopolo – ma anche quello che la fabbrica ha rappresentato: il riscatto, l’avvento dell’industria in paese e la conquista del lavoro per queste donne. I ricordi si incentrano su questo: l’uscire di casa, andare a lavorare, essere parte di una comunità è stato più importante della tragedia che poi ne è derivata. Le donne raccontano che la voglia di lavorare ha prevalso anche sulle denunce che i sindacati e l’Ussl allora fecero sulla pericolosità dell’amianto. Non volevano perdere il posto di lavoro».

Il libro poi approfondirà tutti gli aspetti legati anche alla bonifica, alla malattia, al processo e ai risarcimenti per le vittime.

L’appuntamento è per stasera alle 21 a Romanengo.

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