Cronaca

Caso Inar, si chiude la battaglia legale
1 milione e 200 mila euro di risarcimento
per gli ex dipendenti vittime dell’amianto

Si chiude il fascicolo Inar, forse nel migliore dei modi possibili. Sette anni di incessanti trattative hanno avuto un epilogo tutt’altro che scontato: gli eredi della proprietà dell’azienda hanno versato 1 milione e 200 mila euro di risarcimento ai 112 richiedenti, che organizzati in un comitato spontaneo hanno accettato la proposta avanzata dagli avvocati della controparte e si sono accordati per la suddivisione dell’indennizzo. L’intervento della Banca di Credito Cooperativo di Treviglio e Offanengo ha reso possibile l’erogazione della somma pattuita; grande soddisfazione anche da parte del sindaco di Romanengo Marco Cavalli, testimone attento e attivo soprattutto nella fase di conciliazione e trattativa.

INAR, FABBRICA DI AMIANTO
La ditta di Romanengo ha lavorato amianto per ben quarant’anni, dal 1951 fino al 1991. Nel 2004 la chiusura e poco dopo l’inizio della battaglia legale, mossa dagli ex lavoratori e dalle loro famiglie; unico imputato è l’amianto, la sostanza nociva lavorata all’Inar che ha compromesso la salute di molti dipendenti, fino a causare oltre venti decessi.

L’ESITO DELLA BATTAGLIA LEGALE

“E’ chiaro che la soluzione pattuita non ha alcunché di risarcitorio – dichiara Mimmo Dolci, ex segretario Cgil da sempre a fianco del comitato – Abbiamo fatto del nostro meglio per conciliare le parti nei limiti di una situazione estremamente delicata”. Dalle affermazioni del sindacalista Cgil traspare comunque la consapevolezza di aver messo la parola ‘fine’ ad un caso difficile e controverso che coinvolgeva più di cento famiglie: da un lato gli eredi dei proprietari Inar, dall’altro ex lavoratori o familiari di operai defunti a causa dell’amianto.

IL COMITATO DEGLI EX DIPENDENTI

La vera vittoria sta nella grande operazione di solidarietà nata in modo spontaneo tra gli ex dipendenti, che pur condividendo lo stesso destino non hanno ceduto a logiche di prevaricazione personale. “La collaborazione tra i singoli ha permesso di trovare soluzioni individuali nell’assegnazione delle cifre pattuite– spiega Dolci – Chi aveva un potenziale diritto sulla questione ha accettato di fare un passo indietro e unirsi alla causa comune per raggiungere una soluzione condivisa”. Nel corso degli anni infatti, ancora prima della chiusura effettiva, c’era già stato chi aveva mosso causa individualmente all’azienda, che dopo la sospensione di attività si è trovata ad avere a che fare con 112 dipendenti uniti per ottenere risposte e giustizia. Da qui la nascita di un comitato autonomo costituito da ex dipendenti e parenti dei lavoratori deceduti, che hanno deciso di collaborare con sindacati e consulenti per raggiungere un accordo con gli eredi delle società in liquidazione.

L’INTERVENTO DELLA BCC

Il buon esito della questione si è concretizzato con l’intervento della Banca di Credito Cooperativo di Treviglio e Offanengo che ha agito come ente surrogato alle due ex società e ha erogato il credito vantato che altrimenti non avrebbe potuto essere versato, cifra che verrà recuperata in un secondo tempo attraverso la liquidazione delle società.

IL FUTURO DELL’AREA INAR
La struttura dell’ex Inar è stata già oggetto di un’operazione di bonifica completata nel 2010 e sostenuta dalle società  stesse con l’aiuto della BCC; dopo la certificazione di messa in sicurezza l’obiettivo è quello di restituire l’area risanata alla comunità come terreno edificabile per scopi residenziali.

Lidia Gallanti

 

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