Cronaca

Arte organaria, Crema caput mundi
strumenti apprezzati in tutto il mondo
ma non valorizzati sul territorio

Crema capitale mondiale dell’organo, ma vittima della propria disattenzione. “La città non ha mai fatto abbastanza per mettere in risalto una delle sue eccellenze a livello internazionale”, afferma con un velo di amarezza il costruttore di organi musicali Saverio Tamburini; sono sue le venti canne in piombo e zinco che adorneranno il nuovo monumento all’arte organaria presentato ieri in Comune, un omaggio che tuttavia non compensa la mancanza di cura spesso imputata alla città. “Durante i restauri del Museo Civico la sezione organaria non è stata toccata – aggiunge – Ci sono diversi strumenti di valore che sarebbero semplicemente da recuperare, ma per motivi economici o priorità diverse tutto rimane fermo”.

VIAGGIO TRA I LABORATORI DELL’ECCELLENZA

La fama e il futuro dello strumento simbolo della città sono affidati alla bravura di due storiche realtà cremasche, la Fabbrica d’Organi Giovanni Tamburini e la Fabbrica del Cavalier Pacifico Inzoli, rilevata da Luigi Bonizzi. A loro si aggiungono due illustri cognomi nel campo dell’arte organaria, i fratelli Denti e la famiglia Scotti, cannifonisti specializzati che tuttora vivono e lavorano nel nostro territorio. Li incontreremo uno ad uno, per farci raccontare la loro storia e i segreti di un’eccellenza tutta cremasca.

LA FABBRICA TAMBURINI

Fondata nel 1893, la Fabbrica Tamburini divenne nel 1909 il primo stabilimento organario completo in tutta Italia, in grado cioè di produrre e assemblare autonomamente tutte le parti dello strumento. L’apice del successo arrivò nel Dopoguerra con il boom economico rendendola la prima fabbrica organaria sul territorio e passando dai 35 operai degli anni ’30 a ben 107 dipendenti. Agli anni ’50 risalgono anche i cambiamenti tecnici, che grazie alla rivoluzione industriale permisero di realizzare con l’ausilio dell’elettricità organi più imponenti con sistemi più potenti ma meno performanti; risale a questo periodo l’organo installato a Città del Messico, un gigante composto da 18 mila canne. Solo negli anni ’60 ci fu il recupero del funzionamento meccanico e delle sonorità più romantiche legate a Settecento e Ottocento. Il benessere è continuato fino all’ultimo ventennio del secolo, quando la crisi economico-produttiva portò al ridimensionamento dell’azienda, passata di padre in figlio e ora gestita da Saverio Tamburini. Ad oggi la fabbrica ha raggiunto il traguardo dei 1100 esemplari prodotti ed esportati in Italia e nel mondo.

FARE ORGANI PER PASSIONE

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Saverio Tamburini
può definirsi figlio d’arte, o meglio, nipote d’arte: fu il bisnonno Giovanni nel 1893 a fondare l’azienda di famiglia. A portarlo sul solco tracciato dai genitori è stata la passione: “La nostra è una vita nomade e creativa, puoi portarla avanti solo se ami ciò che fai”. Il contatto con i giganti della musica sacra è iniziato proprio durante le estati passate in fabbrica con il padre Luigi, ma solo dopo gli studi Saverio sceglie di portare avanti l’attività di famiglia: “Con gli anni mi sono appassionato a questo mondo, fare organi è creare emozioni, dà una grande soddisfazione”. Dopo la morte del padre l’azienda ha lasciato lo stampo quasi artigianale per assumere un assetto aziendale al passo con le necessità moderne. Oggi vi lavorano otto persone e le prospettive rimangono positive: “Rimane un mestiere di nicchia – commenta Tamburini – ma proprio per questo nonostante la crisi la flessione del lavoro è stata contenuta”. Per costruire uno di questi strumenti sono necessari dai sei mesi a un anno e mezzo, per un costo che va dai 30 mila euro in su. In genere i committenti sono conservatori, diocesi, enti pubblici, fondazioni.

ORGANI CREMASCHI NEL MONDO

Guinea Equatoriale, Stati Uniti, Romania, India, Israele, Giappone, queste sono solo alcuni dei Paesi che ospitano un organo made in Crema, capitale mondiale per esportazione di strumenti e capofila italiana nell’ambito del restauro e della manutenzione: “Il restauro degli strumenti avviene per il 70 per cento all’interno dei laboratori cremaschi – spiega Saverio – In loco viene effettuata solo l’installazione e l’accordatura, mentre per le revisioni in genere c’è personale specializzato”. La prima esportazione a nome Tamburini risale al 1921 ad Allahabad, in India, e solo tre anni dopo la seconda nella città uruguayana di Montevideo. Anche lo Stivale non si fa mancare le meraviglie cremasche: Firenze, Venezia, Pompei, Roma, Città del Vaticano sono solo alcune delle committenti dei costruttori cremaschi.

IL FUTURO STA NELLA FORMAZIONE

Nel 1996 nasce il corso triennale di formazione per il restauro di organi, un’iniziativa unica a livello nazionale che tuttora sta ampliando i propri orizzonti. Al momento è frequentato da dodici diplomati provenienti da tutta Italia, giunti fino a Crema per apprendere i segreti di un mestiere tanto specifico quanto prezioso direttamente dai maestri del luogo.

Lidia Gallanti


 

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