Lettere

Il manifesto per la città dell’Ucid
Lettera aperta ai candidati sindaco

da Ucid Crema

Qualità della vita

Quale qualità di vita per la nostra città, così profondamente cambiata nei modi di pensare, nei costumi, nelle relazioni sociali? Certo, non sempre il cambiamento è stato in meglio, ma siamo convinti che ci sono rimaste risorse sufficienti a garantire elevati livelli di benessere, non solo economico,  magari reagendo a forme di apatia politica o di accidia personale.

Il tempo

L’amore per la propria città non può prescindere dal passato che ha lasciato in eredità una realtà che si è modellata nel tempo senza perdere la sua identità.

Vivere la città vuol dire: qualità dell’aria, parcheggi in aiuto ai negozi e ai servizi per evitare che la città diventi una città dormitorio, sicurezza sulle strade con attenzione ai passaggi pedonali per evitare che pedoni e ciclisti li attraversino senza dar tempo agli automobilisti di fermarsi;  pulizia e sicurezza delle passeggiate e degli spazi verdi in città e lungo il Serio, città vivibile anche di notte garantendo tranquillità e sicurezza , no a schiamazzi e a musiche a tutto volume fino a tarda notte, a bande di imbrattatori  notturni, no a parcheggi notturni selvaggi, no a molestatori ai mercati, sul piazzale dell’ospedale, sulle strade e piazze della città . No a sacchi di immondizie sparsi per le strade e le piazze fuori dagli orari stabiliti.

Vivere la città vuol dire avere a disposizione uno spazio che favorisca il benessere delle singole persone delle famiglie , della comunità. Quindi è necessario attingere a tante competenze: alla conoscenza storica, all’antropologia, alla idrologia, all’ecologia per recuperare le aree dimesse per sfruttare adeguatamente le risorse naturali, per riqualificare il territorio, per realizzare servizi che tengano conto delle nuove modalità di vita.

La realtà famigliare, i giovani gli anziani , i poveri, gli immigrati , la scuola, il lavoro, il tempo libero sono ambiti nei quali i politici dovrebbero dare testimonianza nella costruzione della vita democratica. La città ha bisogno di profeti, di persone che si spendano in nome del Bene Comune .

Lo spazio

La prima impressione che riceviamo dalla nostra passeggiata tra Porta Serio e Porta Ombriano, è gradevole. Ma ad uno sguardo più approfondito non ne siamo più

così certi, soprattutto se pensiamo che una città a misura d’uomo prevede spazi di incontro per favorire la socialità delle persone: spazi dove si possono trovare famiglie e bambini. Qualche esempio:

Porre l’attenzione sulle iniziative strettamente culturali per favorire gli incontri tra le persone , ora mancano di coordinamento programmatico. Spesso ci sono sovrapposizioni che inducono ad escludere non a scegliere. Nell’ambito dell’amministrazione ci potrebbe essere qualcuno che se ne occupi. Crema è vivace in questo campo e proprio per questo sarebbe bene dare ai cittadini la possibilità di una più ampia partecipazione.

Il mercato austroungarico potrebbe essere rivalutato: chiudendolo potrebbe contenere un bar, una sala di lettura giornali in collegamento con la Biblioteca comunale, una sala mostre, o uno spazio ludico per i bambini. Considerata la vicinanza alla Fondazione S. Domenico, lo spazio sottotetto potrebbe essere utilizzato ad esempio per una scuola di danza od altro. Il mercato austroungarico cesserebbe di essere un vespasiano improprio (peraltro a Crema i vespasiani andrebbero previsti in punti nevralgici della città). Non solo piazza Duomo ma tutte le piazze cittadine dovrebbero essere utilizzate per le diverse manifestazioni, dovrebbero essere tenute viva favorendo l’insediamento di ristoranti, bar, spazi realizzati non solo per il tornaconto di pochi ma per il benessere della comunità; senza tralasciare l’attenzione per l’ambiente. Nessuna riqualificazione dell’ambiente urbano è possibile se non attraverso il filtro di una approfondita conoscenza multidisciplinare ed interattiva del territorio: idrogeologia, storia dei luoghi, storia dell’evoluzione urbana, sistema ecologico della città, riconversione di aree cittadine che hanno perso la funzione originaria, uso consapevole e responsabile delle risorse naturali – alcune delle quali non riproducibili – riqualificazione di luoghi dove la vita rischia di avere la qualità di una cittadinanza “minore”, o addirittura inospitale, realizzazione di sistemi di trasporto che facilitino collegamenti rapidi tra i parcheggi ed il centro , migliorando la qualità della vita dei cittadini.

Perché non promuovere una urbanistica partecipata tramite forum con i cittadini, suggerimento, di idee per una urbanistica di qualità attori del territorio, per svolgere azioni condivise e trasparenti di monitoraggio ?

Il territorio e il Lavoro

Crema città territorio

Crema è una città più grande di se stessa. Crema non è solo il comune nei suoi stretti confini (v. storia, morfologia paesini vicini). Crema è una città che vive col proprio territorio. Crema è una città che diventa immediatamente più piccola di quanto non sia se si chiude rispetto al proprio territorio.

Un hinterland molto differenziato rispetto alla città per tanti aspetti; ma un hinterland che vive con e della città: dalla Diocesi, alla gestione di importanti servizi di rete (acqua, gas…), all’ospedale e al servizio sanitario, al tribunale, con una significativa rete di associazioni di categoria, una solidarietà di fondo tra i propri comuni. Il riferimento economico, produttivo, commerciale del territorio è verso la città. Il territorio cremasco è unito, paradossalmente, anche da una sorta di avversione-competizione verso il capoluogo provinciale, ma anche per la sua storia, le sue tradizioni linguistiche, antropologiche ed enogastronomiche.

Tutto questo è andato rafforzandosi dagli anni sessanta fino agli anni novanta, per poi affievolirsi fino ad entrare in crisi.

Oggi siamo nel pieno di questa crisi. Anche per logiche apparentemente più attuali che privilegiano orizzonti più grandi, accorpamenti, fusioni, economie di scala… Il territorio cremasco è entrato in crisi e Crema stenta sempre di più a giocare il proprio fondamentale e storico ruolo di riferimento politico – economico – sociale.

Immaginare di tornare al passato è impossibile. Allora? Rassegnarsi? No, piuttosto immaginare per la città di Crema, sia pure in modo diverso, un nuovo ruolo baricentrico, di sintesi, di proposta, di indirizzo.

A Crema si sente la crisi lavorativa: molte aziende chiudono. Bisogna aiutare le zone in cui potrebbero esserci nuovi insediamenti industriali senza danneggiare il notevole patrimonio ambientale , artistico e culturale.

Il sottopasso alla ferrovia : forse non è una soluzione al problema del traffico pesante che percorrerà via Indipendenza. Riuscirà a servire la zona industriale del PIP? In questo momento isolata dal traffico pesante?

La gronda nord  potrebbe aprire al traffico pesante tutta la zona industriale a nord di Crema incentivando nuovi insediamenti industriali e quindi nuovi posti di lavoro.

Anche a Crema è forte il disagio dei lavoratori, in particolare i giovani.  Nel nostro territorio c’è una alta percentuale di giovani che non lavorano, non studiano, non cercano lavoro.

L’università è una grande opportunità e l’Amministrazione comunale deve impegnarsi a realizzarne l’inserimento nel territorio .

Le associazioni di categoria insieme all’amministrazione comunale, potrebbero impegnarsi a realizzare corsi di formazione mirati, con l’impegno di assunzione da parte delle aziende.

Dall’analisi dei drammatici curricula di persone che cercano un nuovo posto di lavoro si deduce che chi perde il posto e rimane disoccupato perde anche la propria professionalità e forse, senza colpa, anche un poco di dignità.

L’amministrazione comunale deve farsi promotrice per  organizzare tavoli con gli imprenditori allo scopo di sondare ogni possibilità per creare lavoro compreso l’adempimento delle onerose azioni richieste per iniziare nuove attività (sportello unico).

Tutte le attività che generano lavoro vanno aiutate e incoraggiate e non penalizzate  con continue richieste di adempimenti che disincentivano chiunque ad intraprendere.  Il Comune deve aiutare mettendo a disposizione la sue strutture per facilitare sia chi vuole iniziare nuove attività sia chi, in difficoltà, è tentato di smettere la sua attività.

Crema deve essere il cuore vitale di una città (che non è, si diceva,  solo il comune) che è composta dal suo naturale e storico territorio che intorno ad essa gravita e con essa vive in stretta simbiosi.

Troppe aziende chiudono,  troppi negozi chiudono , la città impoverisce sempre più, il comune deve farsi carico di interrompere questo degrado. Crema deve diventare creativa, le difficoltà attuali devono produrre qualcosa di nuovo, di fattivo e innovativo. Sempre da una crisi è nato il nuovo.

Le persone

La questione urbanistica e sociale s’intreccia con la “questione antropologica”. È direttamente sull’uomo che si deve intervenire, è la persona che va posta al centro della organizzazione della città.

La famiglia.

La famiglia deve essere soggetto protagonista della vita di una città , oggetto una delle scelte oggi prioritarie.

Una nuova cultura proposta  anche dalle televisioni sta incentivando nuove modalità di famiglia che rapidamente si diffondono: convivenze, divorzi, separazioni, che si fatica a vedere come conquiste di civiltà e che nell’ottica cristiana sono considerate come una deriva: destrutturazione del modello classico e passaggio ad un modello “negoziale”. Per evitare l’isolamento delle famiglie si chiede un nuovo spirito di comunione, la ricerca di una nuova qualità del vivere insieme, costruendo  strumenti e progetti che aiutino la comunità a prendersi cura della famiglia, promuovendo di logiche familiari che siano in grado di pensare la famiglia come soggetto.

I lavoratori

Nei nuovi scenari che si sono creati dobbiamo avere un punto fermo: il lavoro deve risultare garantito. C’è un diritto al lavoro e ad un lavoro il più rispondente possibile alla vocazione di una persona. Il lavoro che manca oggi non è solo lavoro negato, è la messa in discussione della nostra vita, il rischio che venga meno la nostra possibilità di realizzarci in rapporto con noi stessi e con gli altri.

D’altro lato assistiamo a una distorsione del senso del lavoro finalizzato  un’esasperata necessità di consumo, con tutte le conseguenze negative dello spreco, con la festa che non è più diritto al riposo e alla ricreazione, ma dovere di consumare a tutti i costi. Quando la relazione tra lavoro e festa è malata, anzi negata, si prospetta  un terribile incrinarsi della qualità della vita; si rischia di perdere il contenuto etico dell’attività lavorativa, la sua capacità di far crescere le persone attraverso l’attribuzione dei ruoli, la condivisione dei saperi, l’accesso alle opportunità d’apprendimento.

Valorizziamo sempre più l’impresa non profit, la cooperazione, l’economia etico – solidale, campi dove l’associazionismo cristiano sta già realizzando significative esperienze.

I giovani

È vistoso il non senso di certe politiche giovanili. I giovani sono spesso citati ma è forte il sospetto che non ci siano idee né voglia di accompagnare con intenzione educativa le giovani generazioni nelle loro traiettorie di crescita. Eppure sono più di altri soggetti portatori di speranza. È vero che da molte inchieste emerge una generazione di giovani in difficoltà nel progettare il futuro, nell’assumersi responsabilità a lungo termine, impauriti nel diventare adulti, nell’uscire da casa, nell’adattarsi a posti lavoro non sempre subito gratificanti. Se avvertiamo in loro questi segni contraddittori dobbiamo riconoscere che costituiscono lo specchio fedele dei nostri tempi: i giovani ci ricordano le nostre manchevolezze educative e la debolezza dei nostri esempi e dei valori che coltiviamo. Il problema dei giovani siamo noi adulti. Occorre dare ai giovani spazi adeguati a sviluppare la loro creatività.

I poveri

Anche a Crema aumenta la ricchezza , per alcuni,  ma anche la disuguaglianza . Sono tornate nuove forme di povertà, che oggi comprendono fattori quali: precarietà, marginalità, identità fluida, disagio psichico, drammi di dipendenza e solitudine, mancanza o incapacità d’accesso all’occupazione, alle agevolazioni creditizie, ai servizi. È chiaro che questi tipi di povertà possono celarsi anche dietro un apparente appagamento, una facciata che ostenta forza e sicurezza. Andare incontro alle povertà significa riqualificare complessivamente il tessuto della nostra vita comunitaria, al tempo stesso fare attenzione a tutti gli svantaggiati con un occhio buono: “Fragile, maneggiare con amore”: una ipotetica scritta, che evoca quella riprodotta su oggetti che rischiano di rompersi, sarebbe da tener presente nelle tante situazioni in cui ci si confronta con i più poveri incapaci ad acquisire il controllo del proprio sviluppo, a godere pari opportunità. “Essere forti con i forti e deboli con i deboli”.

Immigrati

Forse pensiamo poco di fronte agli stranieri che vengono da noi che si tratta di una opportunità di arricchimento tra culture e religioni diverse. Una città deve superare la questione dello straniero che “ci invade” e che chiede qualche gesto di carità; ora dobbiamo porci nella prospettiva di come entrare in comunione con chi ha deciso di vivere tra noi; come favorire una sua dignitosa forma di inserimento e di appartenenza alla nostra città che non sia quella dei “separati in casa”. Questa prospettiva ci obbliga ad avviare un percorso che ci porti a pensare in modo nuovo il rapporto con le forme d’appartenenza, a costruire nuovi equilibri tra la nostra tradizione e una tensione universalista che non possiamo abbandonare.

Il comune dovrà organizzare dei corsi per  gli stranieri dove verrà insegnata la nostra lingua,  spiegato il nostro modo di vivere, la nostra civiltà, la nostra costituzione in modo che l’immigrato possa vivere  consapevole dei diritti e dei doveri ,  nel reciproco rispetto, nella nostra città. Le donne immigrate aiutate con opportuni corsi di formazione culturale possono essere una risorsa per l’integrazione.

Anziani

In Italia si sta verificando una profonda trasformazione strutturale della nostra società, che sta rivoluzionando i comportamenti sociali.

L’invecchiamento della popolazione e il calo della natalità si abbinano ad uno stato d’estrema fragilità della famiglia, sottoposta a gravi tensioni per soddisfare le proprie esigenze con redditi spesso insufficienti.

La questione “anziani” non può essere disgiunta da adeguate politiche complessive per la famiglia. Occorre uscire da una visione compassionevole nei confronti degli anziani da assistere, magari isolandoli, per entrare in una visione partecipativa e promozionale; assumere l’idea che l’anziano è oggi una risorsa umana e sociale, che non può essere condannata alla marginalità o al servizio domestico.

Il Comune deve sapere utilizzare questa grande risorsa considerando anche la grande disponibilità di queste persone per il volontariato .

Il Comune deve contribuire alla soluzione del grave problema delle strutture di ricovero e assistenza  ormai obsolete . E’ dovere degli amministratori giungere ad una soluzione condivisa , ed è un dovere di tutto il Consiglio comunale agire solo nell’interesse della comunità .

Alcune conclusioni

L’ “esercizio del discernimento”, un’operazione complessa ma imprescindibile, è un fatto comunitario non individuale, dove sono in gioco fattori di tipo culturale, sociale, etico e che richiede l’apporto di una pluralità di competenze e di professionalità.

Riattivare relazioni più strette in tutti i luoghi di vita: ascolto, partecipazione, risposta alle difficoltà e alle speranze delle persone, capacità di abitare i nuovi linguaggi della cultura, della socialità, della cittadinanza, delle nuove generazioni.

Bisogna esigere dai politici e amministratori una testimonianza di servizio, sobria, che respinge le logiche del successo, l’accumulo di privilegi o interessi personali e di parte, la sirena del potere e dell’apparire. Questa testimonianza è l’unica in grado di rapportarsi in modo credibile con le persone.

– È bene ricordare che la vita democratica non si consuma per intero nella competizione fra partiti e che il nome “cristiano” non è un’etichetta per schierarsi, ma l’indicazione di una sorgente cui ci si alimenta.

Una città ha bisogno di profeti: persone che non si lasciano rinchiudere negli orizzonti del tempo e sanno vedere anche là dove altri non vedono e per questo hanno il coraggio di spendersi per un disegno che ancora non appare. È la testimonianza di Giorgio La Pira, che ha saputo “vedere” la pace oltre il conflitto e operare per essa; o quella di Madre Teresa, che ha saputo vedere la dignità da figli di Dio in un’umanità devastata dalla miseria. Anche noi se vogliamo una città di qualità dobbiamo tenere aperte le possibilità del nuovo e dell’inedito, spendere il talento di un’intelligenza creativa, far maturare una domanda di senso che riesce a generare esperienze e nuovi stili di vita, convinti che i tempi difficili sono quelli in cui occorre radicarsi nell’essenziale.

Ma per fare bisogna sapere. Per fare servono le persone che fanno.

Bisogna avere il coraggio di indicare i “profeti”: proporre un modello di persone  chiamate a fare.

Persone che abbiano come solo interesse il Bene Comune e non debbano difendere a oltranza interessi di partito o nicchie di interessi privati. Persone che con la loro comprovata capacità , onestà e dedizione garantiscano la corretta gestione della cosa pubblica che è cosa di tutti e non “di nessuno” o terra di conquista.

Un dubbio: perché questi violenti scontri sulle cose da fare tra opposti partiti? E’ possibile che una parte non riesca a fare qualche cosa che sia accettata anche dall’altra parte? O c’è qualche cosa d’altro!?

Tutti dicono di operare per il Bene Comune , ma il Bene Comune ha bisogno di unità, capacità, onestà e soluzioni il più possibile condivise.

Da qui dovrebbe partire, per entrare nel merito con proposte e impegni precisi, una delle riflessioni di fondo per la prossima campagna elettorale amministrativa di Crema.

UCID Crema (Unione Cristiana Impreditori Dirigenti e  Professionisti)

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