Cronaca

La storia della Canavese attraverso
immagini e racconti dei lavoratori
Da Crema, torni in tutto il mondo

Di questi tempi è difficile trovare luoghi di lavoro, che oltre alla normale attività consentono di instaurare veri rapporti di amicizia e alimentare un sentimento di piena condivisione con l’azienda o la struttura dove si presta l’attività lavorativa. Anche per questo “Un gioiello di tornio – Il mondo Canavese”, nuova pubblicazione curata dal Centro Ricerca Alfredo Galmozzi per la collana Fabbrica-Paese, e presentata oggi alla stampa, merita grande attenzione.
Un libro e un film documentario che saranno presentati sabato 3 marzo presso la Sala Alessandrini, che raccolgono documenti e testimonianze dei lavoratori di una fabbrica, che è stata una delle più esaltanti esperienze del lavoro in questo territorio: la Canavese.

PRESENTE TUTTO IL MONDO DEL LAVORO

Il libro, stampato dalla tipografia Trezzi ha tre autori, Anna Maria Zambelli, insegnate e collaboratrice del Centro Galmozzi, Walter Bianchessi e Antonio Vailati ex dipendenti della Canavese, mentre la parte grafica è stata curata da Davide Severgnini, il filmato è stato realizzato da Stefano Erinaldi, le musiche da Mattia Manzoni e la voce narrante è quella di Giovanni Bassi.
Oltre al comune di Crema, si registra il patrocinio dell’Associazione Industriali di Cremona, di Reindustria e di Cgil, Cisl e Uil di cremona.

I PROTAGONISTI

A volere fortemente questa pubblicazione sono stati proprio gli ex dipendenti, che attraverso libro e documentario, vogliono testimoniare l’importanza del lavoro, come elemento di autorealizzazione, ma anche dal punto di vista della crescita del contesto sociale.
Antonio Vailati ha passato in Canavese 20 anni, prima di lasciare la fabbrica nel 1982: “Anche quando sono andato via, l’essere stato in Canavese ha facilitato la ricerca di un altro posto di lavoro – racconta Vailati – quella era una vera e propria scuola e oltre al lavoro, c’erano amicize e spirito di collaborazione.
Anche Walter Bianchessi è un ex dipendente, dal 1967 al 2006 ed è stato quello che si è occupato della ricerca di foto e documenti dell’azienda, riuscendo a recuperare anche un vecchio filmato in 16 millimetri, poi trasferito in modalità digitale, per trasmettere alle giovani generazioni attraverso le immagini, il senso di quella grande esperienza lavorativa e non solo: un’esperienza che ha saputo mettere insieme competenza e conoscenza.

PERCHÉ UN LIBRO SULLA CANAVESE

A spiegarlo è Antonio Vailati: “Si tratta di una ditta che non va dimenticata, espressione di tenacia, che è stata leader nel settore dei torni a livello mondiale”.
Ed in effetti come sottolinea Anna Maria Zambelli, negli anni ’80 il numero di occupati si aggirava intorno alle 250 unità, molti dei quali del quartiere di San Bernardino.
Inoltre, a testimonianza dei vincoli di profonda amicizia che si sviluppavano in Canavese, in un mondo del lavoro completamente diverso da quello individualista dei nostri tempi, Walter Bianchessi sottolinea come annualmente un gruppo di ex operai, si ritrova per trascorrere alcuni giorni in montagna.

IL FILMATO

20 interviste e circa 40 ore di girato hanno prodotto un video di circa 40 minuti, all’interno del quale è stata inserita anche una scena del film “La classe operaia va in Paradiso” del 1972, con il metalmeccanico Gian Maria Volontè al lavoro su un tornio Canavese.

ALTRI TEMPI, ALTRI RAGAZZI

“Dopo una giornata lavorativa si andava a scuola”, commentano i due ex dipendenti, ricordando il periodo di metà anni ’70, quando all’uscita dalla fabbrica, da Crema si prendeva l’autobus direzione Lodi, per frequentare i corsi serali all’Itis.

IL CENTRO GALMOZZI

Romano Dasti vicepresidente del Centro Galmozzi spiega la volontà del Centro, di guardare alla fabbrica non solo come luogo di lavoro, ma anche come luogo di relazioni personali e di sostegno di una intera comunità: “Ecco perché in futuro ci si occuperà anche di altre realtà, del territorio quali ad esempio l’Inar di Romanengo – dice Dasti –  con la problematica amianto ad essa collegata.
Per Anna Maria Zambelli invece, si è trattato di una bella esperienza, perché c’è stata la possibilità di entrare in contatto con il mondo della fabbrica, “fatto di testa, mani e passione”.

IL FALLIMENTO

Significativa anche la figura di Luciano Canavese, che eredita dal padre una piccola fabbrica di torni nel 1947 e la porta a diventare una tra le più importanti aziende del settore.
Da segnalare, ricorda la Zambelli, che dopo il fallimento “Canavese ci ha rimesso tutto, ma tutti i suoi dipendenti, hanno avuto quando spettava loro”.

IL COLLEGAMENTO CON LE SCUOLE

Tutti ricordano con piacere, il collegamento definito “esplicito” della Canavese con il mondo della scuola, in particolare con l’Itis e l’Istituto Professionale Marazzi, collegamento che nella scuola dei nostri tempi purtroppo manca.

Ilario Grazioso

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