Cronaca

Gomorra si può battere
Anche l’Hotel Hermes di Cremona
torna a Lino Cauzzi

“Sono l’uomo più felice del mondo. Anche l’Hermes di Cremona è tornato nelle mie mani”. E’ arrivata ieri pomeriggio in redazione la telefonata di Lino Cauzzi, mantovano di nascita, giramondo per lavoro, la forza e la disperazione di chi dal niente si è costruito una catena di alberghi che i tentacoli di Gomorra hanno arraffato sottraendola al legittimo proprietario. Ma lui, tenace settantenne, non ha mollato ed ha vinto. La gang che lo aveva minacciato, umiliato, truffato, prendendosi tutto, adesso è nelle patrie galere.  Così adesso i cinque alberghi che aveva perso sono tutti tornati nelle sue mani: il Touring di  Desenzano, il Peschiera, il Contea di Marcaria, il Margot di Canneto sull’Oglio e l’Hermes di Cremona. L’ultimo atto è del 5 gennaio e l’ha firmato il giudice Milesi del tribunale di Cremona restituendo a Cauzzi anche l’albergo posto al casello autostradale di San Felice.

Cinque sentenze hanno restituito a Lino Cauzzi tutti gli alberghi e la vita che credeva di aver perso quando arrivò a contatto con il gruppo Catapano. La storia di Lono Cauzzi è quella di una resurrezione.  Nel novembre 2009  i suoi alberghi sono in crisi. Difficoltà con i creditori e con le banche. A quel punto, come avvoltoi e con tecniche ormai collaudate in altre esperienze simili, l’imprenditore viene avvicinato da alcuni personaggi che gli offrono la possibilità di avere finanziamenti bancari. In quel momento Cauzzi è fragile, capisce che c’è qualcosa che non va ma la situazione economica della sua società è difficile e accetta. In realtà chi lo avvicina è un gruppo di farabutti. Dicono di essere pronti ad aiutarlo, ad entrare in società. Lui ci sta. Ma in poco tempo entrano nelle sue attività economiche e lo sbattono fuori. Apparentemente è tutto regolare: commercialisti, notai, studi legali pronti a sottoscrivere che tutto è regolare. Invece è tutto marcio, tutto falso, tutto costruito per spogliarlo dei suoi alberghi. Lui deve firmare il passaggio dei suoi beni al gruppo Catapano davanti a un notaio in Toscano, lui resiste, cerca di dire no. Gli mostrano una foto del nipotino e dalla giacca spunta una pistola.  Davanti a quelle minacce firma tutto. Lo sbattono fuori dagli alberghi.

Ma Cauzzi, tempra d’altri tempi, pur disperato racconta tutto alla Guardia di Finanza. Il suo racconto va ad incastrarsi con altre situazioni analoghe accadute in Toscana, in Lombardia e in Veneto. La gang guidata da Giuseppe Catapano con le stesse tecniche aveva messo insime beni per 200 milioni di euro.

I carabinieri di Padova prendono in mano l’indagine. Fanno 14 arresti con in testa Giuseppe Catapano che si presentava agli incontri con auto blu e lampeggianti. Le accuse per tutti sono quelle di associazione a delinquere finalizzata alla bancarotta fraudolenta, falso in atto pubblico, truffa e tanto altro.  Si celebrano i processi e Cauzzi è sempre in prima fila. Con lui siedono nelle aule giudiziarie alcuni studenti della Bocconi che stanno preparando una tesi di laurea sulla “malavita dei colletti bianchi”. Scriveranno di come riesce ad infilarsi nelle aziende spogliando gli imprenditori. Ma parleranno anche di Giustizia e della resurrezione di Lino Cauzzi.

 

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